Una sorta di scambio equo, quello che ha visto per molti anni le aziende italiane trasferirsi fuori dai confini nazionali, magari in Svizzera e che adesso porta le imprese del Canton Ticino con un budget non troppo limitato a preferire, invece, l’Italia e la zona euro. Colpa del franco troppo caro che però un tempo non era un problema quando questo Paese era considerato un paradiso con controlli limitati e possibilità maggiori. Questo soprattutto negli anni tra il 1999 e il 2007, ma ora finita l’era del fisco leggero e dalla burocrazia inesistente, in tempi di crisi economica, emergono ben altri problemi. Se in passato qui sono arrivate ben 151 società del Belpaese, al contrario adesso la corsa del franco arresta tale tendenza e come un boomerang produce l’effetto contrario.
Molti imprenditori della Confederazione se vogliono mantenere in salute la propria azienda devono allontanarsi ed evitare gli effetti negativi di una moneta troppo «pesante». E’ chiaro che solo alcuni possono permetterselo ma tra le vittime di un processo in continua evoluzione c’è ad esempio Emmentaler, il formaggio simbolo della Svizzera, il quale tra gennaio e giugno del 2011 ha visto scendere le proprie esportazioni del 17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente Questo caseificio e ancora di più molti altri ben più anonimi rischiano il fallimento.
Il franco che ha acquisito una forza quasi preoccupante, è chiaro ha ripercussioni negative su molti settori e non solo sull’export della Confederazione. Chi ne paga le spese? I dipendenti a contratto di alcune ambasciate, non ultimo quella italiana che prendono lo stipendio in euro. Questo ha portato il potere d’acquisto del loro conto scendere di oltre il 30% nell’ultimo anno. Previsioni per il futuro? Difficili anche per chi lavora da anni in questo contesto, ma di certo non c’è molto da sperare se il franco continuerà a diventare sempre più caro.