Piani di risanamento aziendale spesso affiancati da un riposizionamento commerciale hanno rappresentato negli ultimi anni un percorso obbligato per molte aziende europee. In queste contesto le Piccole e Medie Imprese (PMI) hanno scontato pesantemente gli effetti del quadro economico ed anche nel 2013 hanno faticato a riportarsi sui valori ante-crisi.
La valutazione annuale delle prestazioni delle PMI aggiornata dalla Commissione Europea registra per il 2013 un ritorno globale del valore aggiunto ai livelli precedenti la crisi del 2008. Tuttavia questo risultato non si è trasferito simmetricamente all’occupazione che registra anzi un calo del 2,16% (1,9 milioni di lavoratori in meno) rispetto al 2008. Rispetto all’anno precedente, il 2013 ha registrato un calo dell’occupazione dello 0,5% e una diminuzione del numero delle PMI dello 0,9%. Cifre che suggeriscono come nonostante i molteplici processi di risanamento aziendale, la sopravvivenza delle aziende europee resta difficile.
Sono soprattutto le PMI del settore edile ad aver pagato pesantemente i costi della crisi. In questo settore il calo del valore aggiunto dal 2008 al 2013 è arrivato al 22%. Al contrario servizi alle imprese (+7%), informazione e comunicazione (+9%) ed immobiliare (+15%) sono i settori dove le PMI si sono comportate meglio.
Nei prossimi due anni, anche per effetto dei diffusi piani di risanamento aziendale, il valore aggiunto creato dalle PMI europee è atteso in crescita rispettivamente del 2,8% (2014) e del 3,4% (2015). Anche in questo caso però la ricaduta occupazionale non sarà altrettanto significativa con una crescita dello 0,1% nel 2014 e dello 0,7% nel 2015.
Secondo i dati dell'”Annual Report on European SMEs” nel 2013 in Italia operavano 3.718.236 di piccole e medie imprese (v. tabella) pari al 99,9% di tutte le imprese attive nel paese. A queste cifre corrisponde un numero di impiegati pari a 11.516.365 ed un valore aggiunto di 459 miliardi di euro.
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