Cambiano le condizioni economiche e le aziende, loro malgrado, decidono di adeguarsi. In tempi di crisi, infatti, sembra finito il periodo in cui una impresa faceva di tutto pur di non restare nell’anonimato e moltiplicava anche con l’aiuto di agenzie specializzate, la produzione di gadget a tema o di volantini, depliants, poster e quant’altro potesse attirare l’attenzione dei clienti. I promozionali per le aziende e tutto quello che riguarda il settore comunicazione verso l’esterno viene rivisto di mese in mese, cercando di risparmiare dove possibile.
Questi i dati che emergono da una recente ricerca della Fondazione Coca-Cola Hbc Italia e affidata alla Luiss Business School e che ha potuto contare sul patrocinio delle associazioni professionali della comunicazione e del marketing, come Ferpi, Assorel, Assocomunicazione, Aism, Centromarca e Upa. A verificare numeri e tendenze, ci hanno pensato in particolare i professori Matteo G. Caroli e Carlo Alberto Pratesi, con una ricerca su come sono cambiati i modi di investire in una struttura, sulla produttività, sulla qualità del personale e, soprattutto sulla gestione dell’immagine aziendale all’esterno.
La comunicazione “non pubblicitaria”, però è cresciuta ed è cambiata l’interazione tra persone e organizzazioni. In questo modo, all’interno di ogni azienda, si studia come definire il rapporto migliore possibile con il proprio cliente, sempre mantenendo un equlibrio ben saldo con le leggi di mercato e con le tecniche, trasparenti ma mirate, che possono far crescere gli introiti. Le differenze, però, sono notevoli tra piccole e medie aziende, da una parte, e grandi imprese dall’altra, con una apertura maggiore verso nuove forme di interazione moderna tra i primi e ingenti spese pubblicitarie ancora nei secondi. In definitiva, per le grandi imprese è la sponsorizzazione lo strumento più significativo, per le piccole imprese, molto è assorbito ultimamente dalla realizzazione di stampati, brochure e dalla partecipazione a fiere e mostre.