Se dovessimo tenere testa a tutto quello che viene detto in giro sui principali media in merito ai cibi-veleno che consumiamo ogni giorno, l’unica soluzione sarebbe quella di coltivare un proprio orticello in un luogo isolato da città, smog e inquinamento. Ma, in questo caso, come raggiungere il proprio posto di lavoro? Nel mirino ci sono adesso, ma non è la prima volta, le mense aziendali che, in verità, costituiscono un pò il valore aggiunto di una impresa perchè ancora non troppo diffuse in Italia. All’interno delle strutture dove si lavora ed è previsto questo servizio il cibo è sempre di qualità? In più, come per tutto ciò che consumiamo quotidianamente, quanti prodotti nocivi rimangono sugli alimenti e, soprattutto, sono più pericolosi quelli cotti o quelli crudi? Domande che ci poniamo ogni giorno e che difficilmente trovano risposta.
Il Gruppo di lavoro Fitofarmaci delle agenzie ambientali da quattro anni monitora le mense aziendali e anche quelle scolastiche lungo lo stivale, con particolare attenzione al Friuli Venezia Giulia. Solo nel 2008, ad esempio, nei piatti preparati da cinquanta mense, sono stati trovati 48 residui e soltanto in due casi il cibo era di estrema qualità. Il pericolo più comune è costituito dal pirimifosmetile, insetticida utilizzato per proteggere il grano nei magazzini, che spesso è resente tra i vassoi in mensa. La colpa di tutto questo quasi mai è direttamente dell’azienda che si affida a ditte esterne per la scelta e la preparazione del pasto per i dipendenti, ma forse le verifiche da parte di chi è di competenza dovrebbero essere continue e più serrate.
In ogni caso, quello che riempie le nostre tavole non è diverso perchè neppure in tal senso i controlli sono severi come dovrebbero. E’ vero altrettanto, però, che è meglio poter contare su una alimentazione equilibrata e mediterranea, anche se a volte si ingerisce qualche residuo di fitofarmaci, piuttosto che consumare prodotti carichi di grassi o da fast food, almeno secondo quanto dicono gli esperti in tema di nutrizione per tranquillizzare i consumatori. In più, la scelta costante di inserire nella propria dieta frutta e verdura supera di gran lunga l’eventuale rischio di assumere qualche “veleno” dovuto alla coltivazione. Quello che è urgente, però, è porre un limire massimo oltre il quale le forniture vengano bloccate e il raccolto non immesso sul mercato.