Non importa quanto siano grandi, ma riescono lo stesso ad avanzare nonostante la crisi. Le imprese cinesi sembrano non vivere grossi momenti di disagi e anzi proprio la mancanza di denaro sembra essere la loro forza, questo perchè se il lavoro non c’è e gli stipendi si dimezzano, allora i prodotti del popolo dagli occhi a mandorla che costano di meno volano. Aumenta in tal modo la produzione e un sistema che getta ancora più nello sconforto le aziende italiane, piccole o grandi che siano. I dipendenti orientali crescono a ritmi vertiginosi e non solo diventano dipendenti di ditte italiane che pagandoli di meno così risparmiano ma riescono pure a gestire delle strutture in proprio. Senza guardare troppo in alto, basta osservare le nostre città e accorgersi di come purtroppo gli italiani chiudano le saracinesche e ad aprirle siano gli stranieri.
A tal proposito il Centro studi degli artigiani di Mestre (Cgia) ha verificato che tra il 2009 e il 2010 gli imprenditori cinesi sono aumentati dell’8,5%, superando così la soglia delle 54mila unità. Le imprese italiane invece hanno perso uno 0,4% di punti vendita e produzione. Nulla di nuovo per una tendenza che va avanti da anni e non coinvolge soltanto il nord o il settore tessile, ma è un fenomeno molto più presente.
Più o meno le cose sono cambiate in questo senso dal 2002 e gli italiani hanno iniziato a perdere quota pure nel proprio Paese. Si registra addirittura una crescita del 150% in alcune regioni meridionali come Molise, Calabria e Basilicata con ritmi quadruplicati. La maggior parte di imprenditori cinesi si concentra soprattutto al nord: in Lombardia (10.998), Toscana (10.503) e Veneto (6.343), soprattutto nel commercio (39,5%) e nel manifatturiero (30,6%). Gli italiani cosa fanno? Al momento sembra che restino a guardare piuttosto indecisi su come agire e attendono nella speranza che la crisi economica si decida a lasciarci ma la fatica di questi ultimi anni continua a farsi sentire.