Si parla molto spesso di infortuni sul lavoro, eppure raramente si rende nota la notizia che buona parte di essi riguardano anche le donne. E’ vero che, rispetto ai dati che il Belpaese registra tragicamente ogni anno, sono gli uomini a pagare il prezzo più alto tutt’ora. Questo però non vuol dire che non si debba puntare l’attenzione sul “sesso debole”, proprio perchè considerato ancora tale e fare in modo che viva molte ore della sua giornata in un ufficio confortevole e, soprattutto, privo di pericoli. E’ stato calcolato che, solo nel 2009, gli incidenti sul lavoro nelle aziende con protagoniste “l’altra metà del cielo”, sono stati il 28,4%, secondo i dati raccolti e resi noti dall’Inail ed emersi nel corso del seminario organizzato dalla Cisl di Puglia, in collaborazione con il Coordinamento Donne del sindacato. Le cifre sono state comunicate durante un incontro che si è tenuto a Bari nelle scorse ore.
Un appuntamento molto utile per tentare di risolvere il problema nell’immediato futuro e per imparare a gestire al meglio in una azienda anche le esigenze femminili, non ultimo maternità, permessi e malattia. Lo studio poprtato avanti dalla Cisl sulla percezione femminile del rischio sul lavoro ha portato alla conclusione che il numero delle donne espulse dal proprio posto di lavoro dopo un infortunio rispetto agli uomini è maggiore rispetto alla media.Insomma, ancora una volta, sono i colleghi maschi ad avere la meglio e il motivo è inspiegabile.
Un problema ancora più evidente nelle regioni del Sud Italia, come ad esempio la Puglia e qui, infatti, il il 48% delle intervistate ha confermato di avere consapevolezza che essere donna comporta maggiori rischi per la perdita del lavoro.Una affermazione grave che, purtroppo, ancora oggi corrisponde quasi sempre alla verità. Il 75% delle intervistate da la colpa all’impegno di accudire figli piccoli o anziani conviventi e spera nella nascita di più servizi sociali offertiper risolvere la questione in futuro. In più, secondo i dati confermati, il 47% delle lavoratrici nelle aziende in stato di gravidanza vivrebbero in condizioni di insofferenza e indifferenza per lo stato fisico.