Sono diversi i motivi che possono portare all’interruzione del rapporto bilaterale che si instaura tra azienda e lavoratore al momento dell’assunzione. Se un tempo, un evento del genere si verificava molto più spesso quando il dipendente si rendeva protagonista di qualche azione sulla quale proprio non si poteva passare sopra, adesso la crisi economica e i bilanci aziendali sempre in precario equilibrio, hanno portato alla nascita e alla scelta di contratti a termine più o meno lunghi. Se l’impresa non ritiene più necessario, quindi, affidare una determinata mansione ad un singolo, ecco che deve rendere noto quello che pensa al diretto interessato attraverso una comunicazione interna che sia chiara ed efficace e che, soprattutto, non possa dare il via ad azioni legali che distruggerebbero economicamente l’intera struttura.
Se il rapporto di collaborazione, quindi, volge al termine, il datore di lavoro è tenuto a renderlo noto innanzittutto all’ufficio per l’impiego competente. In questo senso, quindi, deve preparare un apposito documento, con l’intestazione della propria società e indirizzata al centro per l’impiego del comune competente a livello territoriale. Si tratta di una dichiarazione formale con la quale la struttura dichiara in qualche modo di non aver più necessità del lavoratore ma deve essere compilata in ogni sua parte. Ecco, quindi, che non deve mancare la ragione sociale, la partita Iva, l’attività economica svolta o il settore di impiego, e l’indirizzo. Alla fine, verrà confermato che il lavoratore, non dovrà più recarsi in ufficio per svolgere il ruolo precedentemente affidato.
Saranno, anche inseriti, quindi, i dati anagrafici del lavoratore, la qualifica, la data di cessazione del rapporto di lavoro, nonché la causa che ha portato a questo scioglimento del rapporto lavorativo, assolutamente fondamentale. Ancora, l’azienda è obbligata a fornire il numero di lavoratori ancora occupati alla data della comunicazione, distinguendo fra lavoratori e apprendisti.