Il problema è sempre lo stesso: il terremoto in Giappone sta trascinando con sè, in un baratro, l’economia già traballante di gran parte del mondo. In un periodo in cui si fatica a risalire dopo la crisi recente, nessuno aveva tenuto conto della possibilità che una calamità naturale potesse causare un ulteriore disastro. Le imprese nel Paese non riescono a riprendere a pieno ritmo la produzione e mancano le materie prime per dei pezzi che si producevano quasi esclusvamente nel Sol Levante. Risultato? Adesso anche il settore dei telefonini è in crisi, dopo quello automobilistico.
Strutture chiuse o aperte soltanto a settori, quindi, tutt’ora in Giappone anche perchè le più importanti si trovavano proprio dalle parti di Fukushima, dove le centrali nucleari continuano a dare problemi. Gli stessi brand all’estero, fanno fatica a produrre se non hanno le direttive dalle fabbriche principali essendo in gran parte solo succursali. Un problema che investe settore dopo settore, riguardando tutti. A partire dalla Apple che nei giorni scorsi ha diramato un comunicato stampa in cui diceva che “il vero problema è costituito dalla spedizione dei componenti stessi, la cui logistica nelle zone colpite dal terremoto è stata compromessa”.
In Italia, le cose non vanno meglio se si pensa che solo a Milano, ad esempio, alcuni negozi hanno esaurito le scorte di Ipad2 e non ne riceveranno altri prima di quindici giorni. In Germania, il presidente della Bitkom, associazione high-tech, in un sondaggio pubblicato ieri ha detto che “le conseguenze del terremoto, del disastro dello tsunami e del reattore contribuiranno sempre di più sulla catena di fornitura globale per il settore dell’alta tecnologia”. Si spera almeno che non aumentino a dismisura i prezzi, perchè adesso riprodurre i componenti di un classico telefonino o di una vettura, è diventata davvero una impresa e i costi tenderanno a lievitare ulteriormente settimana dopo settimana.