Una serie di problematiche e coincidenze, non ultimo la crisi economica e la mancanza di fondi da parte delle aziende, stanno facendo aumentare di anno in anno il popolo dei lavoratori part-time, con stipendi, ovviamente, il più delle volte dimezzati. Piuttosto che la disoccupazione, soprattutto i più giovani, ma anche i più grandi da poco licenziati, non è possibile far altro che accettare condizioni che non sono perfette ma che permettono almeno di guadagnare qualcosa. La soluzione, è quella di trovare un altro piccolo lavoretto ma far coincidere orari e resistenza fisica, non sempre è semplice.
Insomma, non è che di rado una scelta di vita per conciliare famiglia e lavoro, almeno molto meno che un tempo quando si era più facilitati a decidere, almeno secondo quanto confermano i dati resi noti dall’Istat, in un periodo nero per il settore lavorativo che non accenna a finire. Se parliamo di cifre, allora, solo nel 2010 il 31% di lavoratori al primo impiego è entrato sul mercato a orario ridotto persino nell’industria dove prima non esisteva per niente. Oggi, invece, è aumentato del 43%. Nello specifico, quindi, i lavoratori a tempo parziale sono quasi 3,5 milioni (+1,4% sul 2007), rappresentati da donne nel 78% dei casi che pagano sempre il prezzo più alto. Parliamo, quindi, del 15% dell’occupazione totale e circa la metà (il 49%), cioè 1,7 milioni di persone, ha scelto il part-time, proprio perchè non riusciva aoolutamente a trovare un posto a tempo pieno anche con una mansione differente dalla propria.
Ecco cosa ha riferito a tal proposito, Michele Pasqualotto, ricercatore del centro studi Datagiovani: “La crisi ha accentuato il peso della componente involontaria del part-time: nel 2007 la formula rispecchiava una specifica esigenza dei lavoratori nel 62% dei casi e in larga misura per seguire figli o altri familiari, mentre tre anni dopo la percentuale è scesa al 51 per cento. Il contratto a orario ridotto non è più l’emblema della conquista per le donne con figli in cerca di una collocazione nel mondo del lavoro: non si sceglie, o non si chiede più per motivi personali ma perché questa è l’esigenza del mercato”.