Quali sono i motivi che più frequentemente conducono una azienda se non al fallimento, almeno sulla strada della crisi dell’impresa? Basta analizzare i verbali sull’argomento prodotti in questi anni dal ministero dello Sviluppo economico per rendersi conto del fatto che i problemi sono sempre i medesimi. Se ne potrebbe quasi preparare un libro con le cause più comuni che mandano a casa dipendenti e che gettano nello sconforto profondo imprenditori e strutture intere, costruite in molti anni di fatica. Si va nell’ordine, quindi dal costo del lavoro, agli alti prezzi dei trasporti, ai problemi logistici, al caro-energia, al calo della domanda per la concorrenza globale, alle commesse in calo o non garantite da grossi clienti che erano fondamentali per gli introiti.
La crisi economica, inutile dirlo, ha peggiorato le cose di gran lunga. Dal 2008, si parla di 416 verbali del ministero che riguardano tavoli di crisi aziendali, senza contare quelli relativi alla stessa azienda. La situazione aggiornata fino ad oggi, in poco meno di dodici mesi, parla di 117 casi, ma negli ultimi sei mesi cinquanta. Insomma, un barlume di luce che lascia ben sperare, visto che parliamo di un quarto in meno dello stesso periodo di un anno fa.Niente di definitivo, magari, ma intanto serve a regalare un pò di speranza per il futuro.
A parlare di tale situazione, ci ha pensato Andrea Bianchi, direttore generale per la politica industriale, il quale ha riferito: “È vero che, da un punto di vista numerico, i tavoli aperti sono in calo. Ma tra le crisi aperte da tempo sono tante quelle ancora molto complicate”. Riguardo al bilancio delle crisi settoriali parliamo di 7.223 aziende in cassa integrazione straordinaria negli ultimi tre anni, con livelli più alti nella meccanica e nel tessile. I dati migliorano ma questo non vuol dire ancora tirare un sospiro di sollievo, bisogna investire e muoversi al meglio per recuperare il tempo perduto, ma con molta attenzione in una Italia ancora economicamente traballante.