Stop alle publicità che offendono le donne o che le mostrano come oggetti del desiderio limitandone la dignità. Un esempio su tutti riguarda un cartellone pubblicitario in cui compariva una ragazza vestita solo con un perizoma e un paio di scarpe rosse tacco che era carponi su un pannello fotovoltaico, sul quale era inserita la scritta: “Montami a costo zero”.A ritirare lo spot altamente offensivo è stato immediatamente lo Iap (Istituto di autodisciplina pubblicitaria), ma è solo uno dei tanti esempi di reclame di questo genere. Le associazioni dei consumatori insieme a moltissime aziende, quindi, hanno aderito al Consumer’s Forum per evitare tutto questo. La pubblicità aziendale non deve in ogni caso essere sessista, deve rispettare l’immagine femminile e non contenere messaggi commerciali scorretti.
Battaglia annunciata per chi non rispetterà tali patti, in quanto la “Carta degli impegni” rispecchia i principi del protocollo di intesa sottoscritto dal ministero delle Pari Opportunità con lo Iap, finalizzato a rafforzare il divieto di utilizzare il corpo femminile in modo offensivo o tale causare un continuo rischio di violenza. Se ne è parlato nel corso del convegno “Il consumo dell’immagine della donna”, che si è tenuto a Roma nella sede della Federazione nazionale della stampa e a cui hanno preso parte aziende, associazioni dei consumatori, istituzioni ed esperti. Erano presenti pure pubblicitari e coloro che si occupano quotidianamente di comunicazione: un quadro totale di figure competenti per rivedere la pubblicità aziendale.
Tutti i giorni, volenti o nolenti, ci troviamo di fronte a messaggi o fotografie di tenore pubblicitario che possono influenzare anche i tipi più esperti, in quanto studiati proprio per colpire. Se poi diventano modelli per i giovani i rischi di cattiva educazione o di atti di violenza, si moltiplicano. Nel momento in cui certi meccanismi degradanti si innescano, appere poi complesso tornare indietro ed è compito dell’intera società, evitare che certe radici di violenza vengano seminate.