Se si parla di crisi economica che si allontana e di aziende che ricominciano ad assumere, con un codice etico acquisito e senza favoritismi in vista, è pur vero che non è tutto oro quello che luccica, come si suol dire. Le imprese con meno di 250 dipendenti firmano nuovamente qualche contratto, ma solo pochissimi sono davvero degni di nota. Se è vero, però, che la speranza è l’ultima a morire, allora si può dire che quest’anno l’incremento è legato soprattutto all’industria manifatturiera e alle costruzioni. A tempo indeterminato, però, sono solo 4 dipendenti su 10 e questo scoraggia soprattutto i più giovani che devono costruirsi un futuro. Non è troppo diverso, comunque, per le altre generazioni, che si sono ritrovate a casa dopo una vita di lavoro e adesso stentano a trovare un impiego che duri più di qualche mese e che sia adatto alla propria qualifica.
Meno della metà dei contratti, anche fra lavoratori che si trovano dentro l’azienda da anni, sono a tempo indeterminato e, di questi, solo l’8,4 per cento sono per laureati. Vanno sempre molto forte i profili più tecnici e le posizioni amministrative e finanziarie, secondo i dati dell’ultimo rapporto di Unioncamere. Le figure che servono sempre sono gli operai specializzati ma un quarto delle nuove assunzioni riguarda anche profili qualificati e dirigenti.
Fra il personale impiegatizio, invece, si cercano gli addetti alla segreteria ma anche commessi, cuochi e camerieri. Nuove assunzioni poi per i tecnici del marketing e per i tecnici dell’industria e disegnatori. Vanno meglio le imprese settentrionali, dove si concentra il 54 per cento delle nuove assunzioni, peggio al sud. Insomma, se qualcosa sembra muoversi nel campo del lavoro, preoccupano gli scarsi contratti “stabili”. Nello specifico, infatti, nei primi tre mesi del 2011, solo il 42,5 per cento dei nuovi assunti ha potuto mettere la propria firma su una proposta che non ha termine, per gli altri continua la lunga agonia di impieghi di qualche mese.