Gli asili aziendali in Italia come in gran parte del mondo, risolverebbero molti problemi legati alle donne con figli, nonché parecchi sensi di colpa connessi alla mancanza da casa per gran parte della giornata. Essendo vicini al posto di lavoro, infatti, di certo limiterebbero la lontananza con la prole. Insomma garantirebbero una qualità della vita decisamente migliore, ma nel Belpaese, attualmente, restano un sogno e il 47 per cento dei dipendenti ha tale speranza almeno per il futuro. Lo conferma una recente indagine portata avanti da Astraricerche che ha tenuto conto dei desideri di almeno un campione di almeno 883 persone scoprendo quello che in realtà era chiaro da tempo, anche calcolando che tale tipo di opzione rappresenta già una svolta soprattutto nei Paesi nordici. Tra le varie richieste, però non mancano i buoni pasto, nel 57 per cento dei casi e la mensa aziendale per il 54 per cento.
Gli asili aziendali hanno poi una differenza fondamentale con quelli comunali che hanno lunghe liste d’attesa. Si trovano in prossimità dell’ufficio ma non sempre dove lavora la madre, a volte pure il padre. Solo il 29 per cento dei dipendenti a tal proposito, si dichiara soddisfatto dei servizi che in tal senso la propria azienda offre e come al solito lo Stivale resta indietro rispetto agli altri Paesi. Se ad esempio a livello europeo solo il 33 per cento dei bambini trova posto negli asili, l’Italia resta poco sopra il 22 per cento. I costi per le famiglie poi non sono indifferenti con almeno 317 euro al mese che incidono per il 9,9 per cento sul reddito familiare.
Gli asili aziendali porterebbero una ventata d’aria dove davvero è necessario. Le prime grosse aziende cominciano a muoversi in questo senso, a partire da Intesa san Paolo che lo ha attivato dal 2005. Le capienze generiche di questi asili vanno da 45 a 60 bambini. Lo stesso vale, più o meno per la Microsoft, Telecom Italia e l’università degli studi di Salerno.