Nella realizzazione del nuovo ponte di Genova, Fincantieri ha curato – insieme a Salini Impregilo – progettazione e costruzione. Oggi, dopo un anno dall’inizio dei lavori, c’è molta soddisfazione da parte dei vertici per il posizionamento dell’ultima campata.
Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, in una intervista al “Il Secolo XIX” riferendosi alla tempistica della nuova opera, afferma: “È vero: fare le cose per bene dovrebbe essere la normalità, e lo è per molti. Guardiamo cosa stanno facendo in questo momento tutti i professionisti della sanità. Certo, curare le persone è la loro responsabilità, ma siamo senza parole per lo spirito di abnegazione e per la cura verso il prossimo con cui lo stanno facendo. Il miracolo non è stato fare bene il ponte, ma farlo rapidamente, senza per questo venir meno agli standard di qualità e di sicurezza. È stato necessario semplificare le procedure ordinarie e affidarsi a una azienda solida come la nostra, che ha un patrimonio di risorse gestionali, ingegneristiche e tecnologiche in grado di sostenere questa e altre responsabilità. La costruzione di navi non lascia spazio a nemmeno un giorno di ritardo”.
Fincantieri è leader nella cantieristica navale e solo nel 2019, come ricorda Bono, ha consegnato 26 navi, tra cui 8 tra navi da crociera ed expedition cruise, e 3 navi militari, oltre ad averne varate altrettante per la Marina militare italiana. “Questi standard operativi – spiega – traslati nella realizzazione del ponte hanno fatto gridare al miracolo in un paese abituato ad aspettare anni e anni per il compimento di infrastrutture strategiche”.
Per la costruzione del ponte, sono state utilizzate 17.400 tonnellate d’acciaio, forgiate negli stabilimenti Fincantieri di tutta Italia grazie al lavoro di più di 800 persone. L’assemblaggio e la saldatura sono state possibili solo con l’impegno di ingegneri e tecnici specializzati della controllata Fincantieri Infrastructure – sino a 350 al giorno nei momenti di picco produttivo. Un’attività delicata e impegnativa che Fincantieri ha portato a termine senza intoppi.
“Un’opera simile è di per sé stessa molto complessa – sostiene Giuseppe Bono – , ma non ci sono stati aspetti che ci hanno messo in difficoltà. Abbiamo fatto fronte a imprevisti e rallentamenti esogeni, dall’attesa delle aree dove è stato demolito quel che rimaneva del Morandi al maltempo, che talvolta ha impedito di effettuare determinate lavorazioni o ha influenzato il ritmo dei trasporti via mare dallo stabilimento di Stabia e, non ultima, l’emergenza pandemica. In ogni caso, ogni giorno, si è lavorato per far sì che nessuno di questi elementi incidesse sui tempi di realizzazione”.
Il prossimo passo potrebbe essere di applicare il “modello Genova” per fare ripartire le opere in Italia. Su questo l’AD Bono risponde: “Le regole, nella maggior parte dei casi, nascono con un buon intento. Tutte devono però confrontarsi con la realtà su cui vanno a incidere. Guardiamo alla disciplina europea sulla concorrenza: quand’è nata era ispirata a principi condivisibili, ora rischia di essere un ostacolo alla nascita dei campioni industriali europei, un handicap sul piano geo-economico per l’intero continente”.
“Quello che stiamo vivendo in queste settimane – aggiunge – ci ha insegnato cosa significa per un paese la mancanza di produzioni strategiche. Il modello Genova è stato testato sul campo, in condizioni straordinarie, e indica la strada da seguire per semplificare, anche in situazioni più ordinarie”.
Oltre al settore della navalmeccanica, Fincantieri ha trasferito il suo know how in altri campi. “Se un gruppo industriale solido come il nostro – conclude Bono – sviluppa con serietà e competenza nuove tecnologie, ha poi la possibilità di esportarle in altri settori. E’ quello che abbiamo fatto con l’acciaio, dalle navi alle infrastrutture, e anche con le tecnologie del ponte: sensori, robotica per la manutenzione, pannelli fotovoltaici che lo alimentano, tutti sistemi sviluppati a chilometro zero dalle nostre controllate genovesi Seastema e Cetena”.